Nota diffusa dal comitato nazionale No Trivelle, ringraziamo il Gruppo Fuoritempo per la diffusione:
Il responso delle urne del 4 Dicembre è stato netto. Il tempo fin qui trascorso ed i fatti intervenuti all’indomani della consultazione referendaria sono tali da indurci a passare da una prima fase di doverosa riflessione a quella di un’azione responsabile e conseguente.
Di che fatti e riflessioni trattasi?
In primis, dell’insediamento di un nuovo Esecutivo nel cui programma non si colgono elementi di discontinuità rispetto a quello precedente anche con riferimento alle politiche energetiche malgrado, sul piano della governance dell’energia, gli elettori abbiano chiaramente bocciato la proposta di riforma costituzionale, lasciando in capo alle Regioni la potestà legislativa concorrente, in questa come in altre importanti materie.
In seconda battuta, si tratta del procedere senza requie, da parte delle compagnie dell’Oil&Gas, delle azioni finalizzate all’ottenimento di titoli per la ricerca, l’estrazione in mare e su terraferma, il trasporto e lo stoccaggio di gas e petrolio.
Le cronache delle ultime settimane danno ulteriore conferma del fatto che nessuna delle aree del Paese tra quelle indicate nella Strategia Energetica Nazionale 2013 è risparmiata da questa irrefrenabile corsa alle fonti fossili: dal Canale di Sicilia fino alla Val Padana, transitando per la dorsale appenninica – zone terremotate incluse -. Non vi è palmo del territorio della Repubblica che si possa ritenere al riparo dall’insediamento di nuove trivelle o di nuove grandi opere inutili, dispendiose ed impattanti.
Con il voto del 4 Dicembre tuttavia è stato messo un punto fermo: quasi 19 milioni e mezzo di italiane e di italiani si sono espressi chiaramente contro l’estromissione delle comunità locali e delle Regioni dalle decisioni che riguardano i progetti “petroliferi” e le infrastrutture energetiche.
Il Governo, le forze politiche rappresentate in Parlamento e le Regioni, destinatarie e beneficiare dirette di questa rinnovata fiducia, hanno il dovere di tenerne conto e di conformare la loro azione legislativa all’esito referendario, che impone alle Regioni di recitare un ruolo di primo piano nelle scelte di politica energetica del Paese.
Uno degli strumenti di primaria importanza, in questo senso, è il cosiddetto “Piano delle Aree”, inopinatamente abrogato dalla Legge di Stabilità 2016.
E’ bene rammentare che il “Piano delle Aree” era stato introdotto dalla legge di conversione del decreto “Sblocca Italia”, su richiesta dell’ANCI e delle Regioni. Nelle intenzioni dei proponenti e del Legislatore, il “Piano delle Aree” avrebbe dovuto rappresentare un indispensabile strumento di ricerca di un ragionevole punto di equilibrio e di ricomposizione di interessi territoriali ed economici, in cui, oltre a garantire la salvaguardia di legittime prerogative costituzionali, avrebbero dovuto essere messe in gioco le migliori capacità di definizione di criteri scientifici e di procedure metodologiche con valore “erga omnes”, garantendo al contempo i necessari processi di coinvolgimento e partecipazione democratica, come sanciti dalla Convenzione di Aahrus.
Lo strumento fu poi abrogato, come detto, in sede di approvazione della Legge di Stabilità 2016, malgrado l’opposizione delle Regioni promotrici del Referendum No Triv che avrebbero invece voluto mantenerlo e rafforzarlo, estendendone la sfera di applicazione anche alle aree marine poste entro le 12 miglia dalle linee di costa.
La questione fu al centro di uno dei sei quesiti referendari No Triv su cui non fu possibile votare a causa della soppressione del Piano ed anche oggetto di un acceso dibattito alla Camera e di uno specifico emendamento alla Legge di Stabilità 2016, che, posto ai voti, non fu accolto tuttavia dall’Aula.
I sottoscrittori della presente tornano a porre la questione alle Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative Regionali ed alla Conferenza dei Presidenti delle Regioni in quanto rappresentative della volontà a suo tempo espressa dalle Regioni referendarie che vollero fortemente quel Piano e che tentarono di preservarlo.
Quanto sopra assume ancor più rilevanza all’indomani del Referendum sulla revisione costituzionale: la reintroduzione del Piano delle Aree e, quindi, la necessità di far partecipare attivamente le Regioni alla redazione dello strumento, non è solo atto politicamente ma anche costituzionalmente dovuto in quanto la materia “governo del territorio” è rimasta di competenza concorrente, unitamente a quella energetica.
Nel merito della questione energetica, inoltre, alla luce dell’urgente necessità di una radicale revisione della politica energetica nazionale ed europea in applicazione degli accordi della Cop 21 di Parigi, non è accettabile che gli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2013 restino invariati!
Occorre avviare da subito in tal senso la revisione della normativa riguardante l’acquisizione dei titoli minerari, la ricerca, l’estrazione a fini produttivi, lo stoccaggio ed il trasporto di gas e di petrolio.
Non è ulteriormente rinviabile il fatto che il Paese si doti di uno strumento di pianificazione in grado di identificare quali aree del territorio e del mare debbano essere definitivamente e stabilmente sottratte alla disponibilità delle compagnie petrolifere.
Nella prospettiva di un rinnovato ed autentico regionalismo, le Assemblee Elettive Regionali ben potrebbero e dovrebbero, dunque, farsi motore, mediante apposita proposta legislativa da approvarsi all’unanimità, di un’innovazione normativa finalizzata al ripristino ed al potenziamento dello strumento del “Piano delle Aree”.
Ogni approfondimento sul sito NoTriv.
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