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Referendum: il senso politico di questa vittoria


Diritti umani e giustizia sociale: il senso politico di questa vittoria

Il voto ai referendum abrogativi del 12 e 13 giugno è stato un segnale politico forte e chiaro su tutto il territorio nazionale. Tralasciando le frenesie di chi vuole salire sul carro dei vincitori, all’ultimo momento e senza essersi speso davvero per questo risultato, nicchiando sino alla fine (da certo PD fino a pezzi della Lega Nord), dobbiamo sottolineare due fatti determinanti.

Il Governo che ha fatto in modo di spostare la data elettorale a giugno – sottoponendo le casse dello Stato allo stillicidio di una ulteriore spesa – solo per timore di raggiungimento del quorum, ha perso ogni sua scommessa e ha ricevuto quattro NO forti come sberle, su leggi per cui aveva posto il voto di fiducia.

La televisione, poi, – grande spauracchio per tutti quelli che ne sono esclusi, per mancanza di potere – l’unico mezzo di comunicazione che non ha mai parlato del Referendum, se non gli ultimi giorni, è risultata del tutto sconfitta, non è più il luogo dove si decide l’umore e il volere degli italiani.

Abbiamo vinto noi, la gente che non si rassegna a stare zitta, che si mobilita, che studia, che si associa, che fa volontariato in campo sociale e civile, ha vinto la democrazia nella forma più diretta e senza delega che la nostra Costituzione prevede. Finalmente il Referendum ha ripreso il suo valore simbolico e politico, finalmente siamo usciti dal tunnel dell’antipolitica e del populismo diffuso.

Il significato politico di questo voto è decifrabile secondo la posizione della filosofa americana Martha Nussbaum, che riflette da molti anni sul ruolo del servizio pubblico per favorire lo sviluppo delle capacità umane e i diritti umani. La Nussbaum, che non è una pericolosa comunista, ma una liberale americana, mette insieme Aristotele e Marx e ci dice con molta chiarezza che le politiche pubbliche devono avere come scopo quello di favorire l’accesso ad una cittadinanza matura e attiva di tutti e di tutte, questo garantendo un ambiente sano e un armonioso rapporto con la natura. Tutto ciò si struttura anche attraverso sevizi fondamentali funzionanti al meglio per salvaguardare la salute e promuovere il benessere.

L’analisi di Nussbaum si concentra sull’India della grande svolta economica e liberista, su quell’India che cresce come un gigante ma che ha i piedi di argilla, visto che la sua popolazione, in molti casi non ha accesso all’acqua pulita, vive in condizioni di diseguaglianza sociale inaccettabili. L’India che ha una Costituzione democratica che sostiene la totale parità tra i cittadini, finanzia i privati per favorire gli investimenti, lascia la sua popolazione, soprattutto femminile, morire di povertà e di privazione assoluta dei diritti umani. Il quadro indiano è un monito per tutti e soprattutto per coloro che pensano che il mercato si regoli da solo e che c’è una sostanziale differenza tra diritti civili e quadro economico e sociale individuale. Se una persona non ha accesso all’acqua potabile perché l’azienda non fa infrastrutture nuove, la sua salute è debole, se non ha accesso all’istruzione sarà analfabeta e come potrà essere titolare di diritti se non saprà neppure di quali diritti è titolare e la sua salute è precaria?

Se seguiamo il ragionamento di Nussbaum e lo portiamo sui risultati dei referendum sull’acqua, è chiaro che la volontà espressa dai cittadini è quella di dire alla politica nazionale e a quella territoriale che l’acqua è un servizio pubblico fondamentale. Abbiamo ribadito che l’acqua non deve portare ad un profitto per il profitto – che il capitalismo che si innesta nei servizi pubblici non si concilia con il volere popolare, soprattutto in tempi di crisi.

La gente perde il posto di lavoro o va in cassa integrazione e poi deve pagare bollette dell’acqua sempre più salate per far guadagnare gli investitori privati che non fanno niente se non intascare: non assumono personale, non lavorano ad un miglioramento della rete idrica o ad utilizzare metodi meno dannosi per potabilizzare l’acqua, ma si siedono al tavolo del consiglio di amministrazione e chiedono di dividere il bottino. Ma tutti insieme abbiamo dato un segnale che va oltre: che l’acqua deve essere disponibile nei contesti pubblici gratuitamente a chiunque, ad esempio in luoghi come piazze e stazioni ferroviarie, queste ultime ormai infestate da macchinette che vendono acqua in bottiglie di plastica a costi altissimi (1 euro per una bottiglia da mezzo litro).

Cosa succede in Provincia di Pesaro e Urbino? Nella composizione del Consiglio di amministrazione di Marche Multiservizi ci sono Provincia, rappresentanza dei Comuni e poi rappresentanti dell’investitore privato Hera. Gli utili dell’anno 2010 sono stati di 4,6 milioni di euro, non reinvestiti nelle attività perché, per questo capitolo di spesa, si è preferito rimanere debitori e quindi pagare gli interessi passivi alle banche e così rendere il pubblico doppiamente schiavo del privato, che si prende gli utili da un lato e anche gli interessi, dall’altro.

Senza lavori strutturali sulla rete inaugurati grazie agli utili dell’esercizio finanziario, ma garantiti al minimo dai finanziamenti bancari, è ovvio che qualcuno potrebbe chiedere di vedere restituiti a casa propria quei soldi che ha pagato per far ingrassare le tasche e le pance di qualcuno.

Ma questa sarebbe una visione populista: dobbiamo andare nella direzione di Martha Nussbaum e chiedere al pubblico di valorizzare e di implementare il servizio per renderci meno sottoposti alla morsa del mercato. Se avessimo acqua potabile meno calcarea e piena di cloro, saremmo anche più portati a berla senza comprare bottiglie al supermercato, se la rete fosse bonificata dall’amianto, la salute sarebbe garantita in modo migliore e sul lungo periodo, se lavorassimo per non stressare i luoghi di captazione potremmo lasciare un quadro complessivo migliore alle generazioni che verranno.

Adesso che oltre il 63% degli aventi diritto ha votato per la cancellazione della parte della Legge Ronchi che prevede gare di appalto per privatizzare il servizio idrico, è necessario rivedere la presenza del privato in Marche Multiservizi. Non dimentichiamoci mai che quando la cittadinanza attiva si esprime, è questo il maggiore bene comune di uno Stato democratico.

Monia Andreani

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