La decisione, già assunta da tempo da chi ci “amministra” anche se hanno provato a farci credere di che così non è, di costruire un ospedale unico cementificando una nuova area, per un costo iniziale di 130 milioni di euro, avrebbe dovuto scardinare la domanda se non sia meglio, visti anche gli scellerati tagli alla spesa pubblica, investire nell’aumento della qualità delle strutture esistenti.
E invece, i cittadini, alle prese con un servizio sanitario scadente, tempi di attesa inaccettabili, indegni di un paese civile, disparità di trattamento tra chi richiede visite a carico del servizio sanitario e chi ha la possibilità di avvalersi dei medesimi servizi in libera professione, “pellegrinaggi” sempre più frequenti verso quella professionalità sanitarie che, a differenza delle Marche, l’Emilia Romagna ha saputo mantenere e costruire … quelle domande se le pongono.
Per la Regione Marche e molti nostri enti locali la Sanità è diventata una industria, ed i soldi ottenuti dal Ministero, prima dell’avvento del federalismo fiscale, vanno usati, consumati, ad ogni costo! Ma a beneficio di chi? Non certo dei cittadini, che continueranno ad avere servizi inadeguati in una struttura, forse nuova, ma più lontana, con un impoverimento dell’intero territorio, soprattutto dell’entroterra.
Il rapporto Ceis-Sanità 2009 presentato poco tempo fa segnala che la spesa sanitaria del 2009 ha raggiunto un importo pari al 8,7% del PIL, e che considerando il valore aggiunto del settore si raggiunge una percentuale di circa il 12%, per cui la spesa sanitaria rappresenterebbe la terza realtà industriale del Paese dopo alimentari ed edilizia! Il continuo aumento delle patologie tumorali nelle società industrializzate è purtroppo un dato di fatto, i farmaci anti neoplastici in Italia danno una spesa complessiva di oltre 7 miliardi l’anno. Praticamente un’intera manovra finanziaria, comprensiva di tutti i settori economici.
Proprio il “dirigente” regionale Ruta, giocando coi numeri, ha annunciato di sapere già quanti saranno i tumori nelle Marche nel 2012: 8250. Così, mentre ambigue politiche “per lo sviluppo” non tengono conto delle esigenze di risanamento immediato di aree a rischio ecologico e sanitario e dell’ormai dimostrato legame tra qualità dell’acqua e dell’aria ed i tumori, i dirigenti regionali ci trattano come numeri.
Per questo la responsabilità dei cittadini nel richiedere una maggiore prevenzione ed un più puntuale uso del principio di precauzione nelle scelte industriali è fondamentale:
occorre indirizzare la società verso delle politiche integrate che sappiano coniugare dei fermi NO alle industrie insalubri, ad una programmazione economica che combatta innanzitutto le cause delle malattie.
Anche il protocollo firmato dai sindaci, che hanno inteso rassicurare la cittadinanza, non ha purtroppo alcuna validità; si tratta solamente della trascrizione di richieste in realtà già disattese dai fatti. Se in Italia venivano prescritti 4 posti letto ospedalieri per 1000 abitanti ora il Patto per la salute del 2009 prevede di giungere a 3 per mille. Ciò perché sono in continuo aumento sia le patologie croniche che l’aumento dell’età media della popolazione, e quindi occorre investire di più nell’assistenza domiciliare e nella degenza geriatrica. Considerando che il bacino provinciale è di circa 280 mila persone e che solo gli ospedali di Pesaro e Fano riuniscono già assieme un totale di circa 643 posti … è ovvio che la costruzione di un nuovo ospedale da 450 posti letto richiederà la quasi totale chiusura di tutti i reparti ora esistenti in provincia.
Che fare? Tornare a discutere, assieme al personale sanitario e a lavoratori della medicina territoriale, su ciò pretendiamo: essere cittadini attivi e consapevoli e non numeri.
Comitatinrete.it, Citas – comitato intercomunale Barchi, Marche per rifiuti zero, 16 aprile 2011.
vignetta tratta da http://rimarchevole.wordpress.com
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