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Svenduti per 30 denari: le maxi antenne per la telefonia e il Piano Italia a 5G

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Lo sappiamo bene: la trasmissione dei dati è l’affare del ventennio.
Oggi viviamo di connessioni, e di eccesso di connessioni dovuto alla creazione di nuovi bisogni. È il grande affare dell’ ‘Internet delle cose’, che prevede che ogni persona, ogni oggetto, ogni casa, sia avvolta da una rete 5G per controllare e gestire tutto: dalla partita di calcio sul telefonino  ai dati sul numero dei bucati alla temperatura del frigorifero, alle nostre pulsazioni cardiache.
A prescindere dalla critica al lato strategico generale, e di quello finanziario che prevede l’impiego di enormi quantità di denaro pubblico per sostenere la rete BUL (Banda Ultra Larga), che vuole connetterci tutti al minimo di100 Mbps uguali a 12,5 MB/s (e ad 1 GB nel futuro) il problema è la salute pubblica.
Il controllo sulle radiofrequenze GSM, 3G, 5G sia affidato in Europa ad una normativa cui l’Italia ha inteso “allinearsi” con l’art. 10 della Legge 30 dicembre 2023, n. 214. L’articolo di legge ha stabilito l’adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici[1] che in precedenza vedeva prescritto un limite di 6volt/metro nell’ambiente umano, e di 2watt/Kg per il corpo umano, questi limiti sono stati quasi triplicati, da 6v /metro a 15v /metro.
Il problema è che alcuni rischi, non ancora sufficientemente studiati, non possono essere mitigati dal comportamento umano. Possiamo cioè evitare di tenere attaccato al corpo un telefonino e possiamo abbassare la soglia di uso del wi-fi nel nostro ambiente domestico e di lavoro ma…se sul territorio vengono installate più antenne emittenti radiofrequenze, e vengono installate nei centri abitati, niente impedirà che delle persone siano irradiate stabilmente con frequenze di vario tipo (perché di solito le antenne portano più emettitori) e che quindi la loro sorte sia quella di essere cavie da laboratorio in vista di futuri studi sulla nocività delle radiazioni non ionizzanti per lunghe durate.
Gli studi sul tema vengono commissionati di malavoglia, perché l’imperativo commerciale prevede finanziamenti alla fibra ma anche alle antenne. Non è bastato cioè l’ingente finanziamenti per la BUL[2] via cavo che ha fatto sì che tutti possano ricevere dati ad alta velocità, anche nelle campagne, tramite fibra ottica, e che i dati 5G possano viaggiare tramite una serie di piccoli ripetitori: le holdings della telefonia vogliono il 5G e altissime velocità anche per la rete mobile per ogni centimetro di terreno incolto esistente.
E quando mancano gli accordi coi Comuni per installare antenne importanti per emissione e stazza, trovano disponibili le Diocesi e l’Istituto per il sostentamento del clero[3]. Questo significa, a dispetto della retorica della enciclica Laudato Sii, che nessun cittadino viene avvisato preventivamente dalle Diocesi dell’installazione delle antenne a fianco delle loro case, come è successo, tra i tanti casi, agli abitanti di un piccolo quartiere di San Giorgio di Pesaro (Terre Roveresche), in provincia di Pesaro e Urbino.
La ditta FiberCop infatti, non trovando forse per ostacoli di natura paesaggistica (e per principio di precauzione?) dei Comuni in loco un placet per installare, ha presentato al SUAP locale la pratica per l’installazione di una antenna (alta in totale 35 metri) su un terreno affittato dall’Istituto diocesano della Diocesi di Fano-Pergola-Fossombrone, con impatto diretto in una area con 26 edifici. Il parroco ne era al corrente? Ed ha avvisato i cittadini di questa novità nella sua omelia domenicale? Non pare, visto che proprio di recente, il 25 settembre, il Sindaco del luogo ha dovuto indire un incontro cittadino per mettere al corrente della prevista installazione e informare sulla pratica (antenna per frequenze LTE 811 e 1830 Mhz, 5G 778, 3800, 3560 Mhz).
Pare quasi una comica leggere il programma ministeriale per la Banda ultralarga-BUL, che presenta il piano come necessario per “la coesione sociale”, e vedere poi il gioco della scopa di queste antenne, che nessuno ovviamente vuole di fronte a casa propria, non essendoci alcuna certezza che non causino problemi sia tecnici che di salute.
Quali certezze hanno i cittadini rispetto a ciò? Nessuna. Già qualche tempo fa i giornalisti di Report (gennaio 2023, inchiesta “Segnali divini”)[4] avevano portato alla luce il fenomeno dell’uso dei terreni delle diocesi per portare nelle città le antenne per smartphone e per la nuova Internet of Things, e non era stata una buona novella. Ancora prima, unico fra tanti, lo stesso programma di inchiesta (puntata del 26 novembre 2018)[5] aveva intervistato i pochi esperti di radioemissioni e capire quale era il limite per la salute all’irraggiamento di queste frequenze. La scoperta era stata che per i telefoni cellulari i limiti prescritti erano spesso superati, e di molto, con l’uso massiccio e ravvicinato di molto dispositivi, e che erano dimostrati danni alla salute di vario tipo per le radiofrequenze. Veniva citato per l’uso dei cellulari uno studio dell’istituto federale NTP Usa e per le antenne radio quello sull’irraggiamento costante a 1800 Mhz dell’italiano Istituto Ramazzini, la cui direttrice di ricerca, dott. Fiorella Belpoggi, sottolineava che il pericolo era “basso, ma con una diffusione su milioni di persone”.
L’ISDE, Medici per l’ambiente, in un comunicato dal titolo significativo “Il Parlamento aumenta i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici: un favore agli operatori telefonici stranieri e contro la salute pubblica” ribadiva nel gennaio 2024: …”le proprie preoccupazioni in merito all’approvazione dell’articolo 10 del DDL Concorrenza che prevede l’innalzamento dell’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza (CEMRF) da 6 a 15 V/m(volt/metro)” e chiedeva che “nel contempo la modalità di misurazione di tale valore, che attualmente avviene come media su 24 ore, torni ad essere svolta come media nei 6 minuti nelle ore di maggiore traffico telefonico “.[6]Denunciando anche gli stratagemmi di legge usati per privare i cittadini di ogni possibile difesa dalle ‘antenne obbligate’ in quanto considerate opere di urbanizzazione primaria.[7]
Per quale scopo di reale pubblica utilità gli abitanti nei pressi di antenne come quella citata dovrebbero evitare di “sostare più di 4 ore ai piano alti degli edifici”? Se osserviamo la mappa di quel territorio presente sul sito BUL, vediamo nella ‘Mappa delle aree (pixel) non servite o servite con velocità di picco inferiore a 30Mbit/s al 2026’[8] che la zona presenta poche zone scoperte, e quindi pochissima popolazione, che non sia servita in rete mobile ad almeno 30Mbps.
Se osserviamo la mappa del Catasto RF Marche gestito da Arpam[9] egualmente notiamo che nei pressi dei centri abitati e lungo le arterie stradali esiste anche in quella zona già una poderosa serie di antenne e che la rete 5G è già presente lungo tutte le direttrici stradali.
Per la rete a banda ultra larga in fibra erano già stati spesi una enormità di soldi: solo 725 milioni di euro per collegare in fibra ottica, tra loro, 11mila antenne radiomobili 5G (PNRR), inoltre il Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 vedeva approvata dal CIPE nel 2015, la somma in fondi strutturali di 2 miliardi e altri 4,9 miliardi da altre fonti statali, per la banda a 30 Mbps minimo e a 100 Mbps nelle aree nelle quali fossero già presenti almeno uno o due operatori privati.
Il limite tra incentivo alla vendita di servizi del privato e servizio pubblico (che si suppone parta da una richiesta di servizio dei cittadini) è molto vago. Queste necessità sono legate a piani di trasformazione della società attraverso reti digitali sempre più invasive, tanto da essere già proiettate per il futuro verso connessioni a ben 1 Giga…con finanziamenti per un appalti a privati per un ammontare complessivo da PNRR, già stabilito nel 2021, di 3,8 miliardi di euro[10].
Riassumendo, il Piano Italia 5G stabilisce che gli investimenti pubblici vadano concentrati nelle aree in cui le prestazioni delle reti mobili non raggiunga velocità in download di almeno 30 Mbps (una velocità quindi di 3,75 MB al secondo), si badi bene, nelle condizioni di punta del traffico in rete. A cosa serve tutta questa banda in rete mobile? Per i nostri Governi si tratta della “condizione minima necessaria per soddisfare, nel breve periodo, il fabbisogno di connettività mobile per l’effettiva fruizione da parte di tutti gli utenti dei molteplici servizi e applicazioni resi disponibili con la tecnologia 5G”.
Gli ambiti applicativi del 5G, molti dei quali assolutamente legati alla creazioni di un bisogno commerciali, sono: veicoli costantemente connessi, veicoli autonomi, robot, monitoraggio da remoto, realtà aumentata, operazioni da remoto, sorveglianza e sicurezza.
Questi ambiti richiedono l’uso di antenne per la telefonia mobile solo se, appunto, si spostano sul territorio e considerando che ogni minimo fazzoletto di terreno, anche un bosco o un anfratto roccioso, debba essere raggiunto da 5 tacche 5G.

articolo tratto da Rimarchevole blog


[1] “i valori di attenzione …sono in via provvisoria e cautelativa fissati a un valore pari a 15 V/m, per quanto attiene all’intensità di campo elettrico E, a un valore pari a 0,039 A/m, per quanto attiene all’intensità di campo magnetico H, e a un valore pari a 0,59 W/m², per quanto attiene alla densità di potenza D. “

[2] https://bandaultralarga.italia.it/

[3] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/04/24/campanili-il-grande-affare-per-la-chiesa-delle-antenne-telefoniche/7140474/

[4] https://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Segnali-divini-929a52d8-43d7-4d57-a203-7b7a16fa7392.html

[5] https://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Onda-su-onda-de576424-57d1-432a-98ab-fadc21d68ae4.html

[6] https://www.isdenews.it/il-parlamento-aumenta-i-limiti-di-esposizione-ai-campi-elettromagnetici-un-favore-agli-operatori-telefonici-stranieri-e-contro-la-salute-pubblica/

[7] https://www.isdenews.it/elettromagnetismo-le-leggi-hanno-smontato-la-protezione-per-i-cittadini/

[8] https://bandaultralarga.italia.it/mappa/

[9] https://www.arpa.marche.it/radiazioni-non-ionzzanti/catastorf

[10] https://innovazione.gov.it/dipartimento/focus/piano-italia-a-1-giga/

L'ISDE scrive ai sindaci sul Glifosato

Use of Herbicides in SwitzerlandEinsatz von Herbiziden

Dal sito di ISDE Medici per l’ambiente apprendiamo che: :

Il Presidente di Isde Italia, Roberto Romizi, ha scritto ai Sindaci italiani alla luce dei risultati di studi recentemente pubblicati su autorevoli riviste scientifiche internazionali, che confermano i gravissimi danni indotti dal glifosato.

Come è noto, gli studi sperimentali, quando ben condotti, costituiscono un’importantissima fonte di informazioni attendibili. Tale fonte viene utilizzata da sempre nel mondo scientifico per dimostrare gli effetti di un agente fisico (ad esempio radiazioni) o chimico, per comprenderne i meccanismi di danno e adottare politiche precauzionali possibilmente prima che siano rilevati gli stessi danni nella popolazione.

Qui il link alla lettera inviata:
Ultimi studi pubblicati sugli effetti tossici del glifosato e richiesta di azioni urgenti

Primavera color ruggine, i rischi dell'uso del glifosato come erbicida

Nel 2015 Art32 aveva organizzato un incontro riguardante il legame tra Agricoltura e Salute, con la partecipazione del prof. Gianni Tamino, della dott.ssa Patrizia Gentilini e del prof. Fabio Taffetani.
A distanza di dieci anni purtroppo poco è cambiato rispetto all’uso di erbicidi tossici nelle nostre campagne e  anche in aree pubbliche. Ciò anche se si registra invece un positivo aumento delle aree coltivate con metodi biologici, che nelle Marche supera il 26%.
Nonostante le evidenze scientifiche insomma si continuano ad usare metodi che peggiorano la salubrità del suolo, delle acque e dell’aria.
Agente Arancio,  chiamavano così negli anni Sessanta quando veniva sparso in Vietnam dall’esercito Usa per “defoliare” le foreste. L’effetto “arancio” è anche quello di un erbicida “non selettivo”, cioè che uccide ogni pianta che trova, il Glifosato, purtroppo ancora in uso anche nelle campagne italiane. Avrete notato anche voi in questi giorni alcuni campi completamente color arancio o ruggine, ed anche scarpate e cigli stradali.

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Videosorveglianza di massa: un accesso agli atti per conoscere la rete Sophia a Pesaro e Urbino

vediamoci

ABSTRACT:
È stato firmato nel 2023 un Patto tra Prefettura e Sindaci della Provincia di Pesaro e Urbino per la costituzione di un sistema integrato di video-sorveglianza urbana. Questo sistema, denominato Sophia, era annunciato sul sito dell’Ufficio per il Governo del territorio già il 15 dicembre scorso.
Non era però presente sui siti istituzionali dei Comuni, né su quello della locale Prefettura, alcun documento che informasse i cittadini in maniera precisa in merito. Studiosi/e ed attivisti/e di obbligodigitale.it ed 3x1t.org hanno quindi effettuato un Accesso agli atti europeo per acquisire informazioni in merito, ricevendo risposte puntuali, quale il numero delle videocamere in rete (780) ma in parte evasive sulla reale e potenziale portata di una rete che per ora non usa flussi di dati in tempo reale ma che già presenta aree di opacità, ad esempio non consentendo ai cittadini di conoscere la mappatura eseguita ed i suoi futuri sviluppi.
Rispetto al riconoscimento facciale tramite biometria, dopo il

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Contro i Festival, nell’epoca della pedagogia di massa.

La campagna di “riabilitazione” del Festival Circonomia 2024, kermesse della “transizione ecologica”, dalle ondate di contestazioni e critiche , merita un’analisi che possa invitare a considerare il fenomeno festival nella sua valenza di operazione politica. E in questo panorama forse è più urgente contestare il metodo dei contenuti.
Sono decenni che assistiamo al progressivo impoverimento della partecipazione politica: elezioni ridotte alla soglia del 50% dei votanti aventi diritto, partiti politici ombra delle lobby ridotti a leaderismi e faide, operazioni culturali, come i festival, che sembrano voler occupare tutti gli spazi possibili dei calendari e che giocano a rosicchiare l’audience devastante dei social media e delle tv…creando però un modello altrettanto asfissiante.
Sotto questa realtà c’è la progressiva riduzione degli spazi di libero dibattito nella vita reale, trasferiti online. Le città divengono “progetti” (con rendering fantascientifici) di urbanistica e controllo sociale, la polluzione di videocamere (progetto Sophia) è parte di “Pesaro capitale della cultura”. I festival, in questo

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Sul servizio idrico a Terre Roveresche e dintorni

Un comunicato del 3 ottobre 2023 di Marche Multiservizi* si scusa coi cittadini di Terre Roveresche per l’interruzione della fornitura di acqua potabile da sabato a domenica e lunedì scorsi.
Dal comunicato parrebbe che sia stata la siccità la causa del disservizio e non la condizione di obsolescenza delle condutture, sulle quali l’azienda interviene SOLO per le emergenze.
Scrive MMS: “…A causa del protrarsi di questa siccità il serbatoio di acqua potabile a Villa del Monte di Terre Roveresche si è progressivamente svuotato generando dalla giornata di Domenica interruzioni dell’erogazione dell’acqua o cali di pressione verso alcune utenze della zona. Le squadre di Marche Multiservizi sono entrate subito in azione con l’ausilio di autobotti grazie alle quali hanno riempito il serbatoio e da questa mattina hanno ripristinato il servizio per le utenze coinvolte. Marche Multiservizi si scusa per il disagio.”
In realtà a Villa del Monte non esiste nessun “serbatoio”, questo è invece sito sulla strada provinciale.
Forse il

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Contro l'obbligo digitale: i nuovi contatori telegestiti

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E’ stata pubblicata sul sito dell’Appello contro l’obbligo digitale una petizione che sottolinea le criticità della sostituzione, massiva e coatta, dei contatori analogici (anche di quelli perfettamente funzionanti), con contatori digitali a pila dipendenti dalle reti 4 e 5 G.

La petizione chiede la tutela dei cittadini e consumatori dall’uso dello smart metering a valvola telegestita per le utenze di energia elettrica, gas e acqua.

SI tratta di una petizione per punti che evidenzia varie problematiche, per le quali a nostro avviso è opportuno un immediato e deciso intervento sia in sede parlamentare che nelle sedi di confronto tra associazioni dei consumatori e autorità di settore.

L’obiettivo della petizione è quello di tutelare i cittadini da un cambiamento repentino delle condizioni di gestione di beni necessari alla vita quotidiana, con una sempre più forte pressione delle holding del settore per l’abbattimento della forza lavoro, al quale non corrisponde alcun beneficio economico per gli utenti, e dal telecontrollo della

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Appello contro l'obbligo digitale

La difesa dei beni pubblici (acqua, energia, beni naturali) comprende ora anche la comunicazione digitale globale, i nostri dati personali, la nostra privacy.

Il ruolo del Garante per la Privacy è reso ridicolo da una prassi di prelievo incondizionato di dati ormai evidente a tutti.

La digitalizzazione è una risorsa ma può mettere seriamente a rischio la libertà ed i diritti di tutt*, vedi il recente proposito di manipolare da remoto le utenze elettriche.

*Identità e connessione digitale non dovrebbero essere un obbligo né esplicito né implicito: va evitato il divario digitale a danno di anziani, disabili e di tutt* coloro che non si dotano, a proprie spese, di strumenti elettronici aggiornati .

 

Per questo vi chiediamo di discutere con noi questi 11 punti per sensibilizzare associazioni, sindacati e movimenti a prendere posizione sul tema.

-dare sempre una alternativa non digitale ai sistemi di identificazione richiesti per la vita quotidiana (CIE, SPID, uso delle App): nella Pubblica Amministrazione, in  banche,

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No al biodigestore in terre di conquista

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Il comitato ‘A difesa del territorio’ (1.439 iscritti), in collaborazione con i comuni di Terre Roveresche, Mondavio e Fratte Rosa ha organizzato una manifestazione pubblica a Fano, già autorizzata dalla Questura, che si terrà il 20 luglio.
“No al biodigestore di Terre Roveresche; nessuno calpesti i nostri diritti’. Saremo a Fano mercoledì della prossima settimana, con inizio della manifestazione alle 18,30 al Pincio. Da lì, muoveremo verso Piazza XX Settembre, con striscioni e scandendo slogan. Con noi ci saranno i sindaci Antonio Sebastianelli di Terre Roveresche, Mirco Zenobi di Mondavio e Alessandro Avaltroni di Fratte Rosa; oltre ai rappresentanti delle associazioni di categoria Copagri, Cia, Coldiretti e Confagricoltura e di quasi tutte le associazioni di Terre Roveresche”.

per capire di più vai alla pagina FB del comitato A difesa del territorio

Virus contro Costituzione 1 a zero?…la questione di Terre Roveresche.

La cartografia del nuovo Comune di Terre Roveresche

Antefatto: nel gennaio di quest’anno il Sindaco di Terre Roveresche, comune di 5200 abitanti nato da una fusione di 4 Comuni effettuata nel 2017, pone alla Prefettura un Quesito sulla legittimità dello spostamento dei cittadini dal Comune, in merito alle disposizioni del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 gennaio, norme temporanee volte a bloccare la diffusione del Covid-19: il DPCM ribadisce infatti la possibilità, per i cittadini di Comuni inferiori ai 5000 abitanti, di spostarsi anche se in zona arancio, fuori del proprio comune entro un raggio di ben 30 chilometri.
Il merito: il Sindaco interveniva per ovviare non solo alla grave situazione di isolamento che potrebbe causarsi per i cittadini, qualora la norma del divieto di spostamento dal territorio comunale potesse essere applicata (rientro in zona arancio). La fusione dei Comuni, infatti, ha delimitato un territorio di oltre 70 chilometri quadrati, con una densità

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